Rafael Alberti (1902 – 1999) è stato un poeta spagnolo, con origine italiane, e uno dei massimi esponenti assieme a Lorca, Salinas, Aleixandre, Cernuda, Guillèn, della Generazione del '27. Mosso sin da giovane da molteplici interessi culturali, Alberti si dedicò oltre alla poesia anche alla pittura, prediligendo l'avanguardia cubo-futurista, che permeerà gran parte della sua poetica. Di forte impegno civile, partecipò con estrema passione alla guerra civile di Spagna, e proprio attraverso la sua poesia egli ci narra tutto il disagio socio-politico e storico del tempo, del suo doloroso esilio nel periodo franchista "Certo, il mio canto/può esser di qualsiasi luogo" ma la privazione forzata, di quello strappo brutale dalla terra natia, rende tutto più doloroso perché "queste radici spezzate,/ahimè, queste radici spezzate,/ a volte non me lo lasciano/esser del mondo" e "anche se il mio canto/vuol essere quello del mondo,/ha le radici all'aria," poiché "gli manca l'alimento/della terra conosciuta", l'antica terra madre e la perdita degli affetti e dei legami culturali. L'impegno sociale è soprattutto gridare attraverso i versi accorati de "I bimbi di Extremadura", degli orrori della guerra civile e della loro infanzia violata perché essi "vanno scalzi", dell'infanzia negata "Chi fu che rubò i loro giochi", privandoli della dignità di bimbi e di uomini di lì a venire "Li ferisce il caldo e il freddo/(...)Chi chiuse la loro scuola?", facendoli responsabili, brutalmente, troppo, troppo presto, sottraendogli i sogni "I bimbi di Extremadura/sono seri".
Le sue origini andaluse, influenzeranno i temi e il ritmo del suo verseggiare: misteriosa e surreale la sua poetica ha in sé tutti quegli elementi arcaico-popolari gitani dai toni sensuali e calienti. La sua poesia sia d'amore o d'impegno civile, assimilerà nel tempo gli elementi della natura quali il mare, la brezza, i venti come un miraggio tanto anelato, ricercato, proprio perché tutto questo gli è stato precluso nella sua condizione di poeta ma, soprattutto, di uomo esiliato a ricordo della sua terra primigenia, pregna di umori marini. Metafore dalle mille sfumature cromatiche e la densità del verso dove il pathos lirico raggiunge livelli più alti, più intensi, come le sue tele "Quando il vento sognava chiome da pettinare/e garofani il fuoco e gote da infiammare", tutto questo ancora prima della creazione "Quando ancora la luce non sapeva/se il mare nascerebbe maschio o femmina". Versi di un sotteso erotismo, quelli di Rafael Alberti, disegnati dalle metafore della natura, il mare che si fa poesia e descrive il prodigioso spettacolo della genesi della natura "l'acqua, delle labbra ferme a cui abbeverarsi./Tutto, anteriore al corpo,/al nome e al tempo". E ancora, il sogno già scritto "nell'epoca dell'anima", nel mondo della preesistenza "Assai prima del corpo", già allora "Quando tu apristi nella fronte non coronata, del cielo,/la prima dinastia del sogno" già allora, era scritto "il nostro incontro".
Ma anche l'esilio può maturare, nello scorrere delle stagioni, frutti buoni, come il dolce ricordo cullato del periodo romano che lo porterà a scrivere "Lasciai per te i miei boschi, la tradita/ fila d'alberi, i cani vigilanti,/e gli anni dell' esilio più importanti/fino a quasi l'inverno della vita/(...)Dammi tu, Roma, in cambio delle pene/tutto ciò che ho lasciato per averti". Anche in questo frangente il Poeta pittore ci delinea con tratti decisi, la grande bellezza di Roma "pericolo, per i viandanti" e del suo viverla pur nelle mille contraddizioni, tra la sua antica storia e il caos quotidiano "Cerca di non guardare i monumenti/viandante, se per Roma t'incammini" per non esserne rapiti. Rafael Alberti alternerà assieme alla compagna di vita María Teresa León, scrittrice e raffinata intellettuale, lunghi periodi di permanenza tra la casa di Trastevere in Via Garibaldi 88, luogo di ritrovo settimanale pomeridiano 'a las cinco de la tarde', cenacolo di intellettuali di sinistra italiani quali Moravia, Ripellino, Ungaretti, Jacobi, Vanni Scheiwiller, spagnoli tra i quali Miguel Angel Asturias, Murilo Mendes, il brasiliano Vinicius De Moraes e i luoghi ameni dell'alta Valle dell'Aniene di Anticoli Corrado, alle porte di Roma, antico borgo già caro a Luigi Pirandello e meta di famosi artisti italiani e stranieri del '900. Ancora oggi, i giovani del tempo che lo hanno conosciuto, lo rammentano con simpatia per la sua proverbiale cordialità.
Farà ritorno in Spagna solo nel 1977, dopo la morte di Franco. Morirà a Cadice il 28 ottobre del 1999.
Le radici spezzate
"Certo, il mio canto
può esser di qualsiasi luogo.
Ma queste radici spezzate,
ahimè, queste radici spezzate,
a volte non me lo lasciano
esser del mondo, e neanche
di quella terra, di quella
piccolissima parte
della Terra.
E c'è chi mi dice: Tu
come puoi dir questo?
E io rispondo: Amici,
anche se il mio canto
vuoI essere quello del mondo,
ha le radici all'aria,
gli manca l'alimento
della terra conosciuta.
Ed è come l'albero che sale
e non è di nessuna parte,
benché a volte
per un infinito eroico
sforzo del pensiero
le sue radici toccan terra,
e il suo canto allora diventa
solo di quella terra, di quella
piccolissima parte
della Terra".
I bimbi di Extremadura
"I bimbi di Extremadura
vanno scalzi.
Chi ha rubato le loro scarpe?
Li ferisce il caldo e il freddo.
Chi ha strappato i loro vestiti?
La pioggia
bagna loro il letto e il sonno.
Chi demolì la loro casa?
Non sanno
i nomi delle stelle.
Chi chiuse la loro scuola?
I bimbi di Extremadura
sono seri.
Chi fu che rubò i loro giochi?"
Prologo (Tre ricordi dal cielo)
"Non aveva la rosa compleanni o l'arcangelo.
Tutto, anteriore al pianto e al belato.
Quando ancora la luce non sapeva
se il mare nascerebbe maschio o femmina.
Quando il vento sognava chiome da pettinare
e garofani il fuoco e gote da infiammare
e l'acqua, delle labbra ferme a cui abbeverarsi.
Tutto, anteriore al corpo, al nome e al tempo.
Allora io ricordo che una volta nel cielo..."
Secondo ricordo
"Anche prima,
molto prima della rivolta delle ombre,
e che nel mondo cadessero piume incendiate
e un uccello potesse essere ucciso da un giglio.
Prima,
prima che tu mi domandassi
il numero e il sito del mio corpo.
Assai prima del corpo.
Nell'epoca dell'anima.
Quando tu apristi nella fronte non coronata, del cielo,
la prima dinastia del sogno.
Allorché,
contemplandomi nel nulla,
inventasti la prima parola.
Allora,
il nostro incontro".
Roma, pericolo per i viandanti
"Cerca di non guardare i monumenti
viandante, se per Roma t’incammini,
apri cento occhi, le pupille affina,
schiavo soltanto dei suoi pavimenti.
Cerca di non guardar tanti portenti,
fonti, palazzi, cupole, rovine:
troverai mille morti repentine
se vuoi guardare senza accorgimenti.
Guarda a destra, a sinistra, attento al vigile,
fermati all’alt, avanza quand’è avanti!,
Vai su un filo, con l’animo sospeso.
Se vuoi vivere, mutati in colomba;
se perire, o viandante, vieni a Roma,
alma garage, alma garage immenso".